lunedì 7 marzo 2016

Quella casa nel bosco - origini di un mito

Continua la collaborazione con Anna Silvia Armenise, che oggi ci racconta le origini di Evil Dead, partendo dal "prototipo" low budget Within The Woods: buona lettura !



 Vigeva l'anno 1978. Nelle sale americane echeggiavano le grida degli spettatori alla vista di Halloween di John Carpenter e di Dawn of the dead di George A. Romero, mentre gli astronomi osservavano per la prima volta Caronte, l'unico satellite di Plutone, e oltreoceano nei pressi del Lago di Ginevra veniva ritrovato il cadavere di Charlie Chaplin, precedentemente trafugato. Contemporaneamente, nel mezzo dei boschi di Marshall (Michigan) un gruppo di ragazzi guidati da un diciannovenne, a loro insaputa, stava scrivendo un pezzo importante della storia del cinema. Per il giovane non era la prima volta dietro ad una macchina da presa: aveva girato, spesso insieme al suo fedele amico Bruce, svariati cortometraggi comici come Booby Bartenders, Shemp eats the Moon e The Big Bogus Monkey Pignut Swindle, definiti dagli stessi membri della troupe molto goofy” (ridicoli). Desideroso di mettersi alla prova, però, decise di cimentarsi nel suo primo thriller (It's Murder!), senza grande successo. Lo stesso regista in erba, infatti, avrebbe affermato successivamente che l'unica parte dell'opera che aveva davvero funzionato bene era l'omicidio del protagonista! Qualcosa stava cambiando in lui, come un prurito che non riusciva a estinguersi: nuove e folli idee cominciavano a fermentargli nel cervello, provocandogli un grande senso d'insoddisfazione senza possibilità di sfogo. Passò, dunque, al genere horror con il cortometraggio seguente (Clockwork) e fu allora che, dinnanzi a quel mix di paura e follia, la metaforica molla scattò... Quel giovane, ovviamente, era Sam Raimi.
 Prima della meritata notorietà e delle grandi produzioni, prima degli uomini ragno e di The Evil Dead, c'era solo uno sbarbatello che inseguiva un sogno. Prima del successo, c'era solo Within the woods. L'idea, probabilmente, si formò in Raimi a seguito della curiosità verso il genere horror scatenatagli da Clockwork, che provocò in lui il forte desiderio di procacciarsi ogni film dell'orrore e fantascienza proiettati nei drive-in locali, con al seguito l'immancabile amico Bruce Campbell. Ciò avrebbe provocato nel regista un'attrazione particolare per le pellicole con alte dosi di sangue fino al punto da creare il motto “più gore è, meglio è!”, ogni qualvolta si doveva scegliere un film. Campbell non sapeva che quei fiumi di sangue che Sam lo stava convincendo a vedere al cinema erano solo il principio.
Within the woods fu scritto, diretto e prodotto da Raimi al fine di trovare finanziatori che lo sostenessero per un progetto molto più ambizioso, ovvero la realizzazione del suo primo lungometraggio: The Evil Dead. In questo corto a low-budget, realizzato con mezzi di fortuna e spesso arrabattati, con effetti speciali che stavano su per miracolo e una troupe composta d'amici, famigliari e vicini di casa, Raimi scommise tutto per trovare qualcuno che credesse così tanto nelle sue capacità da permettergli di realizzare un vero film! La storia, inoltre, non era altro che il prototipo del futuro primo capitolo della saga che gli avrebbe donato la sua fama, una commistione efficace, a detta dello stesso Campbell, tra “scrittura creativa e storia antica”: due coppiette di adolescenti si rifugiano in uno chalet in mezzo ai boschi per passare un romantico weekend, finendo malauguratamente posseduti e uccisi da spiriti demoniaci risvegliatisi a causa di un cimitero indiano profanato. Il Necromicon Ex Mortis non era ancora presente come fattore d'innesco del “Male”, se non per poche e criptiche pagine dissotterrate, ma al suo posto appare un pugnale indiano maledetto che ricomparirà, riveduto e corretto, in The Evil Dead 2. In realtà, molti effetti, scene e “tormentoni” della saga sarebbero stati racchiusi in questo breve corto costato solo 1.600 dollari, elemosinati tra amici e parenti da Bruce, Sam e Robert G. Tapert, produttore dal primo The Evil Dead fino all'odierna serie tv Ash vs Evil Dead, formando così un sodalizio storico lavorativo durato fin adesso.
Rimediata come location la casa di un amico, Raimi raccolse tutti i conoscenti disposti a collaborare al progetto. Al contrario di come ci si sarebbe potuto aspettare, non fu Campbell a
interpretare il ruolo del protagonista, bensì Ellen Sandweiss, che in The Evil Dead sarebbe stata Cheryl, la sorella di Ash. La decisione di puntare su una protagonista femminile probabilmente fu influenzata dalla tendenza negli horror dell'epoca in cui le donne cominciavano a esserne al centro, come ad esempio Jamie Lee Curtis in Halloween. Un altro viso conosciuto è quello di Scott Spiegel, lo Scotty del primo capitolo e il co-sceneggiaore di The Evil Dead 2. A Bruce, invece, che non aveva mai avuto grande famigliarità con gli horror, ma si sentiva più un attore da commedia, fu affidata la parte del “mostro”, nonché primo deadite nella storia della saga.
Within the woods fu un lavoro mastodontico sotto molti punti di vista per Raimi e compagni, soprattutto per quanto riguardava gli effetti speciali e le tecniche di ripresa. Per girare fu utilizzata una Super8, che non garantì una grande qualità alla pellicola. Tuttavia, l'eccitatissimo Raimi non si fece scoraggiare dalla scarsità di mezzi disponibili, elaborando inquadrature anche piuttosto bizzarre, ma brillanti, ogni volta che si trovava dietro la telecamera. Fu durante questo cortometraggio, infatti, che inventò la sua famosa “Shaky POV Cam”, termine coniato da lui stesso, per rendere in maniera originale il punto di vista del “Male” attraverso la soggettiva dello spettatore (“POV”, infatti, sta per “point of view”, cioè punto di vista). Questa tecnica prevedeva che la macchina da presa fosse legata a un'asse di legno a sua volta retta da ambo i lati da due operatori, che correndo davano l'effetto traballante e sinuoso del movimento demoniaco, mentre altri al loro passaggio aprivano rapidamente le porte, donando l'impressione che lo facessero da sole. È presumibile pensare che fosse una tachicardia continua per chi osservava correre i due ragazzi con l'unica cinepresa che avevano a disposizione, pregando che non cadessero. Ad accompagnare questo movimento bizzarro era uno score sonoro estremamente inquietante, realizzato da Joseph Lo Duca, lo storico compositore di tutte le musiche della saga. Queste percussioni basse e rombanti che annunciavano la minaccia senza mai rivelarla incrementavano l'elemento del terrore, dimostrando come Raimi aveva già compreso pienamente il valore del suono e dei suoi giochi per toccare le corde più sensibili degli spettatori.
L'ostacolo più difficile da risolvere, però, nella realizzazione del prodotto fu riservato agli effetti speciali, affidati all'amico Tom Sullivan, il principale supervisore e realizzatore del make-up sul set, in quanto Raimi aveva descritto nel copione effetti che erano al di sopra del budget disponibile. Sullivan, quindi, si accontentò di fare del suo meglio con trucchi e maschere comprate nel più vicino negozio di costumi. Per ottemperare alle richieste della sceneggiatura, gli attori furono sottoposti a bizzarre tecniche di trucco, spesso inventate dalla creatività di Sullivan. Scott Spiegel, ad esempio, fu costretto per alcune scene a indossare sotto la camicia un'imbragatura stretta da cinghie e nastro adesivo, che gli causava un male lancinante al petto. Campbell, invece, dovette addirittura dormire più volte con trucco e lattice applicato sul volto. Infatti, la rimozione del make- up era piuttosto lunga e complicata e dato che, spesso era necessario girare di giorno o di notte le scene in cui compariva, fu ritenuto più semplice che Bruce restasse sporco e truccato anche mentre andava a letto. Quando il make-up gli fu rimosso, però, Campbell fu preoccupato dal fatto che per alcuni giorni successivi la permanenza prolungata del trucco gli avesse lasciato segni e deformato la forma del viso. Leggendo una sua intervista rilasciata a Uproxx, si può comprendere, quindi, ancora meglio il disagio dell'attore per quanto riguarda l'essere stato vessato dagli effetti speciali nel corso dei film: 


(C.B. sta parlando dei primi capitoli della saga) “Non mi è mai piaciuto il sangue. Quindi, non è che ora che sono vecchio e scorbutico non mi piace più. Non mi è mai piaciuto quando avevo 21 anni. Cosa c’è di bello nell’avere una lattina di cibo per cani lanciata in faccia? Cosa c’è di bello in questo? Lo fai perché è l’effetto, ed è parte della storia. È anche parte del divertimento, disgustoso, il fatto disgustoso è sempre una specie di divertimento. Ma mi piace? No, perché una volta che il sangue finto ti colpisce, va ovunque. In modi molto sottili. Prendi un bicchiere e bevi un sorso, e ora (il sangue) sarà in quel bicchiere. Tocchi un pezzo di carta e sarà in quel pezzo di carta. Apri la porta e sarà nella maniglia di quella porta. Così, come una donna anziana, devo mettere della plastica che copre tutto dentro la mia roulotte. Quando pranzo, metto un tovagliolo per tenermi lontano dal cibo, non per tenere il cibo lontano da me. È tutta una piega diversa degli

eventi.”
[Intervista a Bruce Campbell tratta dal sito Uproxx. Traduzione a cura di Marco Pischedda.] 

La maggior parte degli altri effetti speciali furono soprattutto accorgimenti e tocchi di stile, come l'oscuramento “artificiale” delle finestre con teli di plastica neri per dare l'effetto notte anche di giorno (idea riciclata anche per The Evil Dead) o l'utilizzo di sangue finto creato con sciroppo di mais a buon mercato. In questo cortometraggio furono impiegate creatività in abbondanza per sopperire alla mancanza di fondi, ma proprio questo rese il cortometraggio, così come il suo capitolo successivo o altri capolavori del genere horror, più realistico e proprio accattivante perché erano l'inventiva, l'originalità e la voglia di realizzare qualcosa di buono e di valore che era stata davvero messa in gioco.
Molto di ciò che c'era in Within the woods sarebbe stato riproposto nella trilogia, non solo per quanto riguarda la trama, ma le inquadrature, gli effetti e alcuni dettagli dei dialoghi, un po' per nostalgia e un po' per riciclare ciò che era buono e originale. La fuga fra i boschi di Ellen inseguita dal “Male”, la mano di Bruce che viene mozzata, il “Join us” pronunciato dai deadites, i morti fatti a pezzi con la scure, gli occhi bianchi dei posseduti, lo schermo nero prima della fine dell'eroe, lo spirito demoniaco che serpeggia fra gli alberi... tutto era già lì in attesa d'essere sviluppato. Inoltre, in Within the woods fanno già capolino i punti fermi della trilogia di The Evil Dead, che non comprende solo sangue e violenza, ma l'uso sapiente di una spiccata ironia in una perfetta alchimia tra horror e humour, marchio di fabbrica delle opere di Sam Raimi.
Terminato la realizzazione del cortometraggio fra alti e bassi, Raimi, Campbell e Tapert si prodigarono per trovare un modo per distribuirlo nelle sale almeno a livello locale nella speranza che qualche produttore lo vedesse e lo apprezzasse. Infatti, secondo i calcoli di Raimi per la realizzazione ottimale di The Evil Dead era necessario almeno racimolare 150.000 dollari da dei finanziatori, impresa alquanto ardua già in condizioni più favorevoli. Ricevuti innumerevoli dinieghi per via dei contenuti del prodotto ritenuti troppo forti e della sua scarsa qualità, Raimi pensò almeno di distribuire un suo trailer, ma anche questo si rivelò difficile da diffondere. Infine, dopo mesi di ricerche, un cinema di Detroit cui il regista si era rivolto accettò di proiettarlo prima della proiezione di mezzanotte di The Rocky Horror Picture Show, che avveniva una volta alla settimana. Within the woods fu accolto positivamente dal pubblico, ma completamente ignorato dai critici in quanto considerato un prodotto locale di bassa lega. Tuttavia, Michael McWilliams, critico cinematografico del The Detroit News che aveva partecipato alla prima del corto, ne fu davvero entusiasta, paragonandolo a The Amityville Horror e regalandogli una recensione davvero accorata. 


È probabile che non sarà mai pubblicizzato accanto ai luccicanti film horror del nostro tempo dai grandi budget, ma non si dimentica facilmente un piccolo film di produzione locale come Within the woods.”
[Michael McWilliams sul The Detroit New, 1978]

Persino Bruce Campbell nella sua autobiografia non dimenticò di ringraziare McWilliams per quelle sue parole che regalarono a dei ragazzini pieni di sogni (piuttosto demotivati) nuova speranza.
Dalla prima del cortometraggio, Raimi e compagni passarono i successivi tre mesi a caccia d'investitori finché non riuscirono ad accumulare 90.000 dollari, ritenuti sufficienti per cominciare ad adoperarsi per The Evil Dead. Il film sarebbe uscito nelle sale nel 1981 e avrebbe trovato stuoli di fan entusiasti, tra cui Stephen King che sulla rivista “The Twilight Zone” lo definì “l’horror più brutalmente originale dell’anno”, in un periodo in cui al cinema c'erano La cosa di John Carpenter, Creepshow di George A. Romero (sceneggiato dallo stesso King) e Poltergeist di Tobe Hooper. La vorace curiosità che si diffuse intorno ad The Evil Dead portò la New Line Cinema a contribuire alla sua distribuzione e il produttore Irvin Shapiro a convincerlo a proiettarlo al Festival di Cannes del 1982. Niente male per un gruppetto di ragazzi che per un anno aveva girato con mezzi di fortuna nei
boschi del Michigan.
Within the woods, sfortunatamente, non fu mai commercializzato ufficialmente, provocando un
coro di fan inascoltati che pregavano la sua diffusione. Tuttavia, lo stesso Raimi, già lanciato nella sua fama fondata sui “morti”, escluse a priori la possibilità che il cortometraggio fosse rilasciato in quanto troppo amatoriale. Campbell, invece, fu più schietto affermando che non era assolutamente intenzionato a “mostrare il suo culo brufoloso al mondo”! Quando ogni speranza sembrava perduta, una qualche anima pia lo diffuse su Youtube, dove è ancora possibile reperirlo in tutta la sua bassa qualità, gli effetti speciali costruiti come mezzi di fortuna e i suoi attori alle prime armi, mentre dietro le quinte, riuniti come una setta di nerd, un gruppo di talenti in erba pregava che andasse tutto bene. Se si resta in silenzio, li si può ancora udire. Finalmente, ci è stata data l'occasione di scorgere il momento in cui è nata la famiglia di The Evil Dead che dura ancora adesso e di cui facciamo parte anche tutti noi fan.
Within the woods è la dimostrazione di come le buone idee unite al vero talento non potranno mai essere sostituiti dai fiumi di soldi sprecati in banali colossal. Le buone storie hanno sempre futuro, poiché mettono radici nel cuore degli uomini. Ci vuole solo del tempo. 

Bibliografia
  • Campbell, Bruce (2002). If Chins Could Kill: Confessions of a B Movie Actor. L.A. Weekly Books.
  • Konow, David Konow (2008). Reel Terror: The Scary, Bloody, Gory, Hundred-Year History of Classic Horror Films. St. Martin's Press.
  • Winston Dixon, Wheeler (2010). A History of Horror. Rutgers University Press. 

domenica 21 febbraio 2016

L'inferno di Carta - Storia di un libro maledetto

Con questo articolo inizia la collaborazione con la talentuosa Anna Silvia Armenise, che oggi ci presenta una minuziosa ricerca sul libro maledetto, il "Necronomicon": buona lettura !


L'inferno di Carta
Storia di un libro maledetto 



Narra la leggenda che fu scritto dagli spiriti delle tenebre: Necronomicon Ex Mortis, Libro dei morti. Il libro serviva ad indicare i passaggi verso i mondi demoniaci dell'aldilà. Fu scritto tanto tempo fa, quando i mari divennero rossi di sangue, e fu con quel sangue che venne scritto il libro. Nell'anno 1300, il libro scomparve.
Sono il professor Raymond Knowby della facoltà di storia antica. Credo di aver fatt... dove mi recai con mia moglie Henrietta, mia figlia Annie e il mio assistente, professor Ed Getley. È stata in una stanza nel retro del castello che ci imbattemmo in qualcosa di notevole: Necromicon Ex Mortis, il libro dei morti. Io e mia moglie abbiamo portato il libro in questo chalet dove ho potuto esaminarlo indisturbato. È stato qui che ne ho iniziato la traduzione. Il libro parla di una presenza spirituale, un'entità del male che vaga nelle foreste e negli oscuri meandri della sfera umana. È attraverso la recitazione dei passaggi del libro che a questo spirito oscuro viene data licenza di possedere... i viventi. Qui sono registrate le pronunce fonetiche dei passaggi:
 
Kanda. Estrata. Amantos.
Ilres. Lagt. Nousferatus.
Kandar. Amantos. Kandar...
Così scivolava la profonda e morbida voce del professor Knowby in The Evil Dead 2, mentre sulle note di Joseph Lo Duca raccontava dell'oscuro grimorio tramandato a noi con il nome di Necronomicon. Sam Raimi, il genio creatore dietro la saga di The Evil Dead, ideò questo escamotage narrativo fin da Within the wood, suo cortometraggio del '78 e primo capitolo ideale della serie, per introdurre il suo antagonista, il “Male”, all'interno della dimensione filmica. Un'idea tanto semplice quanto brillante: un innocuo libro in grado di dare un assaggio d'Inferno al nostro mondo. Niente di dantescamente fiammeggiante ci presenta Raimi, ma solo Male. Nebuloso. Oscuro. Terreno. In una notte profonda, ci stringe a sé con le spire di una lattiginosa nebbia e le membra di una foresta senza fine. Serpeggia fra i boschi attraverso i nostri occhi al suono di un'eco caotica tanto simile a un grido spietato. Un Male invisibile, implacabile, percepibile solo attraverso la maschera delle sue vittime trasmutate, i cadaverici deadites. Un Male, però, prigioniero. Infatti, il libro è una porta su un altro mondo, una prigione di carta e pelle le cui pagine vergate di sangue incatenano il Male nell'oblio fino alla malaugurata lettura delle sue formule.
Fortunatamente (o forse no?), quest'antico testo sumero è uno pseudobiblium, ovvero un'opera mai scritta, ma considerata realmente esistente all'interno dell'universo immaginario in cui è citata. Come Raimi ha costruito e aggiunto tasselli alla sua storia passo dopo passo, film dopo film, così il Necronomicon ha preso corpo, contenuto e “personalità” nel corso delle vicende, pur non perdendo il suo affabile fascino mummificato donatogli da Tom Sullivan. L'evocazione del Demone Khandariano (definito così dal luogo in cui è rinvenuto il libro dal professor Knowby) non è il solo potere di cui è stato dotato il Necronomicon: il volume contiene profezie, come quella dell'“Eroe che viene dal Cielo” (per la gioia di Ash), incantesimi funerari per risvegliare eserciti di morti o rispedirli nell'aldilà e ha la capacità di aprire varchi non solo verso il mondo infero, ma attraverso il tempo e verso altre dimensioni (espediente più volte usato nei fumetti per permettere ad Ash di vivere le più disparate situazioni, ad esempio nel mondo dei Marvel Zombie o di Freddy Kruger e Jason Voorhees). Nelle avventure narrate nel serial Ash vs Evil Dead, Raimi ci ha svelato più di un nuovo dettaglio piccante sul Necronomicon riguardante le sue origini e altre sue doti, riservandogli come non mai un ruolo centrale nella storia, ma soprattutto ribadendo come il libro non sia solo uno strumento demoniaco fondamentale per la saga, ma per certi versi un vero e proprio villian senza di cui il personaggio del nostro amato Ash non sarebbe completo, anzi non sarebbe nulla senza di esso (come afferma lo stesso Necronomicon), non sarebbe l'uomo che è. In fondo, la misura di un eroe si
riconosce in base alla grandezza dei suoi nemici.
Ma si sa: una buona idea si fonda sempre su ispirazioni avvincenti! Come nacque, dunque, l'idea

del Necronomicon in Raimi? Per chi è veramente appassionato di horror in ogni sua forma da quella letteraria a quella cinematografica, prima di The Evil Dead il nome Necronomicon risvegliava, e risveglia ancora, ben altri morbosi mondi e mostri, ovvero quelli del maestro di Providence, Howard Phillips Lovecraft.

“No, quest'autunno non ho avuto la possibilità di scrivere altri racconti, ma ho preso appunti e schedato trame che mi serviranno per future mostruosità. In particolare ho messo insieme qualche notizia sul famoso e indicibile Necromicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred! A quanto pare l'orrendo volume fu scritto da questo autore di Sanaa, nello Yemen, vissuto intorno al 700 d.C. e spintosi in una serie di pellegrinaggi alle rovine di Babilonia, alle catacombe di Menfi e nelle immense distese solitarie dei deserti d'Arabia, il Raba el Khaliyeh, dove sosteneva di aver trovato tracce di oggetti più antichi dell'uomo ed essersi iniziato al culto di Yog-Sothoth e Cthulhu. Il libro fu scritto nella vecchiaia di Abdul, quando abitava a Damasco, e il titolo originale è Al Azif. Come osserva Henley nelle note al Vathek, azif è il nome dato a quella bizzarra serie di rumori notturni (in realtà prodotti da insetti) che gli arabi ritengono essere il verso dei demoni.”
[Lettera di Lovecraft a Clark Ashton Smith, 27 novembre 1927]

Intorno a questo libro immaginario, Lovecraft elabora resoconti storici incredibilmente realistici e dettagliati al fine d'infondere verosimiglianza ai racconti che appartengono al “Ciclo di Cthulhu”. Il Necronomicon, infatti, contiene formule, riti e preghiere per evocare i Grandi Antichi, aliene divinità demoniache esistenti molto prima della comparsa dell'uomo, che attendono di tornare per dominare la Terra. È proibito leggere questo libro maledetto non solo perché risveglierebbe dalle viscere della Terra tali creature, ma anche perché farebbe completamente impazzire. Come narra lo scrittore in History of the Necronomicon (1927), la versione originale araba sarebbe ormai perduta per sempre e le copie più antiche rimaste sarebbero quelle tradotte in varie lingue durante il Medioevo e il Rinascimento, alcune delle quali conservate persino al British Museum di Londra (una copia del XV secolo) e alla Bibliothéque Nazionale di Parigi (una del XVII). Lo stesso nome Necromicon con cui è conosciuto il volume gli sarebbe stato imposto durante il 950 d.C. da Teodoro Fileta di Costantinopoli, quando per la prima volta fu tradotto segretamente in greco, mentre lentamente si stava diffondendo tra i filosofi del tempo. Il nome Necronomicon, infatti, che Lovecraft stesso confessa gli sia apparso in sogno, significa Descrizione delle leggi che governano i Morti, che deriva dalle parole in greco antico necros (cadavere, morto), nomos (costume, legge) e eikon (descrizione, immagine). Secondo l'editore e amico di Lovecraft, August Derleth, l'assonanza del nome sarebbe, però, stata ricalcata sul testo romano Astronomicon Libri del poeta d'età augustea Marco Manilio. Anche il nome del poeta folle che lo avrebbe scritto, Abdul Alhazred, è uno dei simpatici giochi di parole tanto apprezzati dall'autore e contiene le parole “all has read”, colui che ha letto tutto.

“Quanti sogni mi ha suscitato Le mille e una notte! Ed io lo so bene, perché all’età di 5 anni ero anch’io un arabo! Non avevo ancora scoperto la mitologia greco-romana, ma per me l’edizione di Lang de Le mille e una notte divenne un portale verso scintillanti panorami di meraviglia e libertà. Fu allora che inventai il mio soprannome Abdul Alhazred, e costrinsi mia madre a portarmi in tutti i negozietti di curiosità orientali a portata di mano ed allestire un angolo arabo nella mia cameretta.”
[Lettera di Lovecraft a Robert E. Howard del 1932]

Il Necronomicon, dunque, è stato partorito dalla mente di Lovecraft grazie all'influenza d'antiche leggende arabe e opere realmente esistenti, tra cui il Libro dei morti, antica opera sacra egizia. Questo documento magico-religioso contiene una raccolta molto dettagliata di formule atte ad aiutare e proteggere il defunto durante il pericoloso viaggio verso l'aldilà. Inoltre, Il Libro per uscire
nel giorno (nome originale del testo) serviva a preparare il morto a redigere la testimonianza riguardo la sua condotta di vita dinnanzi al giudizio del sommo Osiride, dio della morte e dell'oltretomba. Condotto da Anubis, il dio dalla testa di sciacallo protettore delle necropoli, il defunto sarebbe stato obbligato a confessare 42 peccati terreni a 42 differenti divinità: nel caso si fosse dichiarato innocente a tali peccati, Anubis avrebbe dunque posizionato il suo cuore sul piatto di una bilancia al cui opposto vi si trovava la piuma di Maat (la verità incarnata). Durante la psicostasi (la pesatura delle anime), se il cuore fosse risultato più leggero, allora il morto sarebbe stato degno d'essere condotto di fronte ad Osiride e, quindi, accolto nel regno dei morti, altrimenti sarebbe stato divorato da Ammut, mostruosa fusione di varie bestie, condannandolo alla non- esistenza eterna (il peggiore dei destini per un popolo che si preparava una vita intera per la morte). Il Libro dei morti era fondamentale per evitare tale nefasto esito e per tale ragione le sue formule magiche e le sue guide per l'aldilà dovevano accompagnare il defunto, dapprima incise direttamente sulle pareti delle camere sepolcrali o sui sarcofagi e solo in seguito sepolte in forma di papiro.
Un'altra fonte d'ispirazione alla creazione del Necronomicon è stata identificata nella Clavicula Salomonis (Chiave di Salomone), uno dei più importanti grimori di magia rituale. La leggenda narra che fosse stato il Re Salomone a redigerlo in base agli insegnamenti che Dio in persona gli aveva impartito per sommettere i demoni al volere del sovrano. Vi sono testimonianze storiche della sua esistenza fin dal I secolo d.C., ma solo dal '600 ne sono state rinvenute delle copie tangibili. Il libro è ritenuto un potente testo in grado d'istruire a rituali, esorcismi ed invocazioni di svariati spiriti demoniaci la cui comprensione totale è accessibile solo a coloro che sono già in possesso di conoscenze cabalistiche.
Su tali basi, Lovecraft diede vita al suo Necromicon, ma non poteva immaginare che l'impegno che aveva impiegato per renderlo così realistico gli si sarebbe rivoltato contro. Infatti, negli anni che seguirono tra i lettori iniziò a figurarsi l'idea che il Necronomicon non fosse una semplice ideazione dello scrittore di Providence, ma fosse reale e che lo avesse realmente consultato. Lo stesso Lovecraft iniziò a preoccuparsi di tale convinzione.

“Mi trovo a costretto a dire che la maggioranza di esse (riferito alle storie che scriveva) sono puro frutto della mia immaginazione. Non è mai esistito un Abdul Al-Hazred o un Necronomicon, perché io stesso ho inventato questi nomi. [...] Se la leggenda del Necronomicon continua a crescere in questo modo, la gente finirà per crederci davvero, ed accuserà me di falso per aver affermato di averlo inventato io!”
[Lettera di Lovecraft, 1936]

Tuttavia, fu solo dopo la morte prematura del suo creatore che il Necromicon prese davvero corpo nella realtà. Il primo a citare il libro fu l'antiquario newyorkese Philip Duchesne nel 1941 che lo aveva aggiunto nel suo catalogo bibliografico con tanto di prezzo e descrizione, mentre nel 1953 il giornalista americano Arthur Scott scrisse sulla rivista Sir! un articolo sul Necronomicon in cui veniva presentato non solo come reale, ma realizzato in pelle umana di vittime di stregoneria (ci ricorda qualcosa?!). Questo fu solo il principio, però: durante tutti gli anni '50 e '60 nei cataloghi dei bibliofili e di molte rinomate biblioteche il nome Necronomicon si diffuse a macchia d'olio. Addirittura, nel 1968 durante un viaggio in Iraq lo scrittore Lyon Sprague De Camp, uno dei più importanti biografi di Lovecraft, entrò in possesso di un volume che era stato tradotto dalla Direzione Generale delle Antichità Irachene con il titolo di Al Azif! La lingua era oscura, similare a qualche dialetto arabo, ma quando Sprague De Camp fece autenticare ed esaminare l'opera da esperti americani di antichità, scoprì che i segni era stati costruiti per ricalcare il persiano antico, ma non avevano alcun significato, e carta ed inchiostro erano stati invecchiati chimicamente e non potevano essere più vecchi del XIX secolo. Un falso in tutto e per tutto! Ciò, però, non dissuase lo scrittore a pubblicare comunque il volume fasullo, spacciandolo per il vero Necronomicon e infarcendo il tutto di aneddoti inquietanti riguardo la sua scoperta al fine di rendere il tutto più credibile.
Fu solo, però, negli anni '70 che prese piede una convinzione alquanto fantasiosa, documentata da fatti più o meno dubbi, che testimoniasse la reale esistenza del Necronomicon: il padre di Lovecraft, Winfield, avrebbe fatto parte della Massoneria Egiziana, setta creata da Cagliostro in persona, che da secoli custodiva in segreto il libro maledetto. Il piccolo Howard, dunque, aveva avuto la possibilità di consultare il libro nella traduzione inglese scritta dal mago elisabettiano John Dee (citato nello stesso History of the Necronomicon) e da adulto vi avrebbe ricamato intorno il proprio mondo fantastico, affermando di aver creato il libro lui stesso per paura della reazione della setta massonica.

Le ricerche da me svolte durante la mia visita nella Nuova Inghilterra, nel marzo 1975, dimostrarono che Winfield Lovecraft (padre di H.P. Lovecraft) era membro del ramo egizio della Massoneria, fondato, o almeno reso pubblico da “Alessandro, conte Cagliostro”, famigerato impostore, sì, ma anche pericoloso manipolatore di forze occulte. A Providence, Rhode Island, la vecchia, sonnolenta città dedita alla cultura ed alle cose della mente, svolsi indagini che mi portarono agli attuali praticanti della Massoneria Egiziana. Come lei sa, essi conservano una notevole tradizione occulta, espressa in rituali che soltanto gli iniziati possono spiegare, sebbene sia condivisa in una certa misura, solo dal punto di vista dei rituali, dai praticanti della massoneria comune. [...] L’interesse di Cagliostro, dal nostro punto di vista, sta nel fatto che lasciò certi manoscritti ai suoi seguaci della setta egiziana, inclusi estratti del Necronomicon originale. Può sembrare strano che questo individuo quasi anonimo, d’umili origini, possedesse un manoscritto tanto importante. [...] Le mie informazioni dicono che al padre di Lovecraft venne insegnato a leggere questi estratti dal Necronomicon nientemeno che da Tall Center (la rivelazione del “vero” nome mi attirerebbe sulla teste un odio ancora più grande di quello già esistente). Tall Center (Alto Cedro) aveva avuto il testo sacro da Innermost Shrine (Tempio Interiore), che l’aveva a sua volta ricevuto da Fouquier Tinville, lo Dzherzhinsky della Rivoluzione Francese, il quale ultimo l’aveva ottenuto non senza ricorso alla tortura dai seguaci di Cagliostro.
[Lettera del Dottor Stanislaus Hinterstoisse]

Questa teoria fu postulata nel 1972 da Colin Wilson che per anni raccolse testimonianze e prove (alcune palesemente false, altre che risvegliavano più di qualche dubbio) sul legame di Lovecraft alla Massoneria Egiziana e sulla possibilità reale che il Necronomicon non fosse la semplice invenzione di uno scrittore. Chi vuole intendere, intenda. Gli altri tutti in camper!
Nello stesso anno, però, si raggiunse l'apice di questo desiderio epidemico di incarnare la maledizione del Necronomicon nella nostra banale realtà. Peter Levenda, studioso d'esoterismo e d'occultismo nazista, sotto lo pseudonimo di Simon, scrisse e pubblicò con la Avon Press un suo Necronomicon, anche stavolta spacciandolo come autentico, ma provocando un certo scalpore all'epoca. Il libro era un insieme di rituali sumerici per evocare i demoni, tra cui erano anche citati i lovecraftiani Yog-Sothoth e Cthulhu. Tuttavia, Levenda non doveva essere così esperto come credeva in materia, perché si scoprì che il testo conteneva molteplici incongruenze storiche e la lingua sumera in cui erano scritte le formule era palesemente falsa. Tuttavia, è probabile ritenere che da ragazzo Sam Raimi fosse venuto a conoscenza di tale aneddoto e gli fosse rimasto impresso il legame tra la cultura sumera e il libro di Lovecraft.
È davvero curioso e affascinante come questo testo fittizio abbia provocato negli anni il desiderio così forte che fosse reale. Addirittura, secondo chi crede nei viaggi astrali, la bilocazione temporale e affini, il potere dell'idea del Necronomicon ha influenzato così fortemente le menti, creando una sorta di batteria energetica, da permettergli di varcare i confini del tempo ed esistere ormai nel passato (sì, ci sono libri di ufologia e parapsicologia che parlano di questo fenomeno), per cui non ci si dovrà sorprendere se saranno scoperti Necronomicon antichi in futuro, poiché ormai il libro è diventato realtà! Fa girare un po' la testa tutto questo. Per tornare nel concreto, però, l'influenza di questo testo maledetto è stata innegabilmente potente. Il fioccare di sue svariate versioni che lo spacciavano come vero hanno però prodotto insoliti rivolgimenti, a volte persino drammatici. Per chi pratica l'occulto per gioco o per qualcosa di più morboso, l'idea del Necronomicon si è nefandamente legata al satanismo. Molti praticanti di magia, infatti, ne utilizzano i suoi riti legati alla vendetta e all'ira e li trovano altrettanto efficaci al pari di quelli della Bibbia satanica di Anton LaVey. Più di una volta soprattutto negli USA, sono stati trovati gruppi di adolescenti creduloni e ubriachi che violavano la proprietà privata di un cimitero per evocare il maligno o i morti con in mano un libro con la scritta Necronomicon (babbani!). Finché resta un passatempo innocuo, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma quando alimenta le paranoie e le fantasie di assassini e serial killer, tutto diventa più inquietante. Più di un omicida ha trovato nei riti magici di questi fittizi Necronomicon una via per ottenere equilibrio, sicurezza e potere sulle proprie e altrui vite, come ad esempio ad esempio Kyle Hulbert che massacrò Robert Schwartz, padre della sua ragazza, prima di bere il suo sangue, guidato a suo dire da svariate voci di demoni nella sua testa.

“L'idea di controllare la mia vita per ottenere quello che volevo era irresistibile per me. [...] Il satanismo mi insegnò che dovevo creare le mie regole da seguire in vita.”

Questa fu la dichiarazione di Sean Sellers, pluriomicida soggetto al disturbo di personalità multipla, che con un passato d'abusi e tanti immaginari sussurri nelle orecchie, prima di venire giustiziato nel 1994. Per queste persone, l'occulto e l'esoterismo possono alimentare la loro psicosi o essere un rifugio dalla realtà in un mondo che possono controllare e regolare a piacimento, precipitando in un barato vorace, poiché “il male è una relazione intensa che pretende tutto ciò che un altro individuo ha da offrire.” (C. Fred Alford)
Il libro maledetto di Lovecraft ha fatto un lungo viaggio, prima di capitare nelle fantasie del regista Sam Raimi nella cui mente già a diciannove anni si era innestata l'idea embrionale del Libro dei morti. Il Necronomicon di Raimi non è quello di Lovecraft, i due si trovano su due dimensioni parallele, accumunati ormai solo dal nome e dalla capacità di evocare forze demoniache. Ponendo il libro, però, al centro della storia che lo avrebbe annoverato tra i più famosi registi horror, Raimi non immaginava come la sua rielaborazione avrebbe reinventata e fatta sua un'icona letteraria. Il resto è storia, film e gadget! Grazie alle vicende di Ash vs Evil dead, nuove avventure si stagliano all'orizzonte per Ashley Williams e il Necronomicon, ritornato fra le mani del suo antico creatore. Che cosa vomiterà la prossima volta dalle sue pagine e cosa si cela ancora in esse? Solo Raimi lo sa... e sarà tutto inciso a lettere sangue sulla pelle di Ash.

Bibliografia
  • -  (A cura di) Basile, Sergio (2002). Necronomicon. Storia di un libro che non c'è. Fanucci
    Editore.
  • (A cura di) Hay, George (1979). Necronomicon. Il libro segreto di H. P. Lovecraft. Fanucci
    Editore.
  • -  London, Sondra (2004). Vampiri. Storie vere tra patologia e orrore. Arnoldo Mondadori
    Editore.
  • -   Lovecraft, Howard Phillips (1991). Tutti i racconti 1927-1930. Arnoldo Mondadori Editore.